Il ghosting è un fenomeno che si osserva fin troppo di frequente nel mondo delle relazioni: una persona con cui abbiamo passato del piacevole tempo insieme e che magari avevamo anche iniziato a sentire vicina, all’improvviso smette di rispondere ai nostri messaggi, non ci vuole più vedere e ci blocca sui social, per poi sparire.
Spesso la reazione al dolore e alla confusione che lascia questa esperienza è di descrivere chi “ghosta” come un mostro, una persona irrispettosa e immatura…e forse, in parte, queste cose possono anche essere vere, ma per avere una comprensione più completa (e funzionale al nostro benessere) del fenomeno è importante individuare cosa motiva questi comportamenti disfunzionali.
Per comprendere la logica che porta una persona a sparire, è utile quindi guardare al circuito vizioso che guida le sue azioni. Chi fa ghosting non è necessariamente crudele, può essere a sua volta intrappolato in un rigido schema comportamentale.
Possiamo identificare tre principali logiche disfunzionali che si basano su 3 credenze differenti:
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“Non sarei capito”.
Il ghoster è convinto che qualsiasi tentativo di spiegazione scatenerebbe una reazione di rabbia e incomprensione. La sua strategia per evitare il conflitto è il silenzio e la fuga. Paradossalmente, questa tentata soluzione (la sparizione) genera esattamente ciò che vuole evitare: rabbia, frustrazione e un’assoluta incomprensione da parte dell’altro. Il problema non viene risolto, ma alimentato.
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“Non posso affrontare la mia colpa”.
Il ghoster non è affatto sereno riguardo alla propria azione; al contrario, prova un profondo senso di vergogna per ciò che ha fatto. La sua tentata soluzione è fuggire dal problema per non dover affrontare il proprio senso di colpa e il giudizio dell’altro. Questo atto di evitamento, tuttavia, non fa che amplificare il senso di disgusto verso se stesso. Si innesca un circolo vizioso in cui l’atto di scappare per non sentire il dolore ne genera uno ancora più grande, che comprende dolore e vergogna, rendendo impossibile una gestione costruttiva della situazione.
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“La vulnerabilità è debolezza”.
Il ghoster percepisce il “bisogno” e la vulnerabilità in una relazione come una minaccia. Per proteggersi, sviluppa una strategia rigida che lo porta a disprezzare negli altri la stessa fragilità che è stata punita in lui in passato. Fuggendo, la persona non sta solo evitando un problema, ma sta riproducendo uno schema di abbandono che ha appreso. La sua tentata soluzione di evitare la vulnerabilità lo porta a sabotare ogni relazione, rendendo impossibile quella stessa connessione che (forse) cerca.
In sintesi, il ghosting non è sempre un semplice gesto di scortesia o cattiveria, ma la manifestazione di una persona che si trova intrappolata in un copione rigido e disfunzionale, dal quale non riesce a uscire.
Chi attua questo comportamento causa dolore non solo agli altri ma anche a se stesso/a e potrebbe quindi trovare giovamento dal superamento di questo schema che passa dall’identificazione e l’interruzione di queste soluzioni disfunzionali e dalla costruzione di un modo maggiormente soddisfacente di vivere la vicinanza relazionale.