Immagino che tutti i lettori e tutte le lettrici di questo articolo sappiano cosa sia ChatGPT, l’intelligenza artificiale con cui possiamo comunicare tramite messaggi (appunto…Chat).
Il livello di risposta è talmente evoluto che negli ultimi mesi si è molto parlato del suo possibile utilizzo anche nel contesto della psicoterapia, persino la prestigiosa rivista “Nature” ha pubblicato un articolo intitolato” Is the world ready for ChatGPT therapists?”
Al momento non so se il mondo è pronto per “ChatGPT therapists”, ma sicuramente i ChatGPT therapists non sono ancora pronti per il mondo.
Incuriosito da questa tecnologia, ho provato anche io a fare domande alla chatbot…
Inizialmente le mie richieste riguardavano concetti di psicoterapia strategica (il mio approccio) e le risposte che ho ricevuto erano molto, ma molto, imprecise!
Ho voluto poi provare qualcosa di più “ludico” e ho posto all’intelligenza artificiale la seguente domanda: “Inventi un nuovo disturbo di personalità?”
Riporto quindi questi nuovi disturbi, con le rispettive descrizioni, inventati da ChatGPT (spoiler: alcuni nomi sono anche simpatici!)
Disturbo di personalità caleidoscopico
Le persone affette da questo disturbo sperimentano cambiamenti improvvisi e drastici nella loro personalità, passando da un’identità all’altra come se fossero pezzi di un caleidoscopio in continuo movimento. Questo disturbo rende difficile per loro mantenere relazioni stabili e coerenti con gli altri. Ricordo, però, che questa è solo un’invenzione e non rappresenta un reale disturbo di personalità riconosciuto dalla comunità medica (meno male che lo specifica…)
Disturbo di personalità fractus
Le persone affette da questo disturbo sperimentano una frammentazione della propria personalità in diverse “parti” o “frammenti”, ciascuna con tratti e comportamenti unici. Questi “frammenti” possono emergere in momenti diversi, portando a una mancanza di coerenza nell’identità e nel comportamento complessivo. Questo disturbo può causare sfide nell’affrontare la vita quotidiana e nell’interagire con gli altri. È importante ricordare che anche questo è un’invenzione e non un reale disturbo riconosciuto.
A questo punto ho chiesto a ChatGPT di inventarsi un disturbo che non implichi una “dissociazione dell’identità”. La nuova elaborazione è stata:
Disturbo di personalità magniloquente
Le persone affette da questo disturbo tendono a sovrastimare grandemente le proprie abilità, realizzazioni e importanza. Mostrano un costante bisogno di autoesaltazione e di essere al centro dell’attenzione, spesso esagerando le loro esperienze e competenze. Questo disturbo può ostacolare le relazioni interpersonali a causa dell’atteggiamento egocentrico e narcisistico. Tieni presente che anche questa è solo un’invenzione e non riflette un reale disturbo di personalità riconosciuto.
Credo sia inutile specificare quale disturbo di personalità clinicamente riconosciuto ricordi, in parte, questa descrizione giusto? L’ho fatto notare anche a ChatGPT che, scusandosi, mi ha proposto questa nuova invenzione:
Disturbo di personalità eco-camuffante
Le persone con questo disturbo tendono a mimetizzare la loro personalità e i loro interessi a seconda delle persone con cui si trovano. Questo camuffamento è spinto dall’ansia di essere accettate e amate. Mentre molte persone si adattano in qualche modo in diverse situazioni sociali, chi soffre di questo disturbo fa questo in modo estremo, fino a perdere una parte significativa della propria autenticità. Ricordo, però, che questa è ancora solo un’invenzione e non un reale disturbo riconosciuto.
Anche in questo caso, specifico che le caratteristiche descritte appartengono anche ad altre categorie nosografiche e chiudo gentilmente la conversazione.
Ti riconosci in uno dei “disturbi di personalità” inventati da ChatGPT? Ciò che ha fatto il programma di IA non è inventare qualcosa di nuovo, ma solo mettere assieme caratteristiche di personalità chiaramente riconosciute (e che non appartengono solo ed esclusivamente alla dimensione della psicopatologia), proponendo una nuova “etichetta”.
Questo piccolo esperimento, oltre a strappare un sorriso, consente anche di fare interessanti riflessioni sul fenomeno delle “diagnosi social” e sull’attuale bisogno di etichettare comportamenti o pensieri con il rischio (o meglio dire, la conseguenza) di banalizzare interi modi di essere…ma questo può essere argomento per un altro articolo.