“La paura evitata diventa timor panico, la paura guardata in faccia diventa coraggio”

(Antico proverbio sumero)

La sensazione di perdita di controllo che vive chi sta avendo un attacco di panico, porta la persona ad usare la ragione per tentare di riprendere il controllo sia dei pensieri che corrono nella mente sia delle reazioni fisiologiche: si tenta di rallentare il respiro che in quel momento è affannoso, ci si concentra sul battito cardiaco sperando che rallenti…

Tutti questi tentativi di controllo non fanno altro che innescare un escalation paradossale che porta corpo e mente ad un blackout psicofisiologico: l’attacco di panico.

Quando la paura raggiunge questi picchi, non è nemmeno più necessario un evento esterno per scatenare la reazione paura-ansia-panico, è sufficiente il timore di rivivere questa sensazione di completo tilt per offrirgli la possibilità di ripresentarsi (ansia anticipatoria).

Il tentativo di scacciare questo timore porta alle tentate soluzioni disfunzionali che, alla lunga, aumentano la vulnerabilità ai picchi di ansia invece di rafforzarci: l’evitamento delle situazioni temute e il controllo delle reazioni psicofisiologiche.

Fuggire da ciò che spaventa, con l’azione o con il pensiero, ingigantisce la percezione di paura; proprio come suggerisce il proverbio sumero.

Studiando le strategie disfunzionali messe in atto in questi casi, Giorgio Nardone e i collaboratori del centro di terapia strategica hanno sviluppato specifici protocolli di intervento per interrompere i copioni disfunzionali e uscire dalla trappola che conduce all’attacco di panico.

 

La peggiore fantasia

La “peggiore fantasia” è una delle principali tecniche per il trattamento dei disturbi su base fobico-ossessiva, tra cui rientra il panico.

Si chiede al paziente di evocare volontariamente, ogni giorno, i sintomi e le fantasie più temute e immergersi nelle sue peggiori immagini e sensazioni.

Questa tecnica è stata utilizzata anche dallo stoico Seneca che, condannato ad uccidersi tagliandosi le vene, è riuscito a non farsi prendere dal panico immaginando, nei giorni prima dell’esecuzioni, le fantasie più terribili rispetto alla sorte a cui era destinato.

L’attuale procedura di “richiamo” delle peggiori fantasie è inserita all’interno di un percorso clinico preciso e strutturato con l’obiettivo di “paradossare” la paura, ha lo scopo di mandare la persona alla ricerca dei propri fantasmi per far sperimentare che, una volta toccati, questi spariscono mentre, se si continua a fuggire, saranno sempre pronti a tormentare.

La tecnica della “peggiore fantasia” rientra infatti nelle prescrizioni paradossali.

Gli effetti principali che si possono sperimentare sono:

  • Il paziente, provando a evocare le proprie paure, le peggiori immagine e le più tremende sensazioni, non riesce ad autoprovocarsi ansia, riuscendo, al contrario, a rilassarsi (effetto paradosso)
  • Il paziente riesce a provare ansia e star male durante il richiamo volontario, ma poi nel resto della giornata sperimenta una riduzione dei sintomi ansiosi (effetto contraddittorio)

L’evoluzione della tecnica prevede 3 step, da compiere con la guida del/la terapeuta.

Solo una persona adeguatamente formata, infatti, saprà utilizzare la peggiore fantasia ad altre tecniche efficaci nell’intervento per gli attacchi di panico, adattandole alle specifiche situazioni portate da ogni paziente, riuscendo a conferire alla tecnica non solo un carattere d’intervento ma anche diagnostico.